L’uomo Zaccheo

L’uomo Zaccheo

Possiamo definirlo, infatti, un brano di incontro penitenziale tra l’uomo e Gesù: è un racconto storico singolare perché esprime una realtà permanente. In questo incontro, l’uomo Zaccheo compie delle azioni successive, interne ed esterne, che sono, alcune, la premessa e, altre, la conseguenza della parola di perdono di Gesù.

L’azione interna che Zaccheo compie è il suo desiderio di vedere Gesù. È un desiderio forte, intenso, che potremmo quasi chiamare “estatico”,che fa uscire cioè Zaccheo fuori di sé. Non è infatti spiegabile che sia la semplice curiosità a farlo correre per vedere Gesù, ad imporgli di fare le cose che sta facendo! È un profondo desiderio che lo muove dal di dentro e che è già amore, un amore incoativo, incipiente per Gesù, che lo spinge a compiere un’azione esterna.

L’azione esterna che compie Zaccheo è quella di mettersi a correre e di salire su un albero. Stupisce che un uomo come lui, un impiegato, si metta a correre per la strada, e salga poi su un albero, cosa che non avrebbe fatto in un momento ordinario. È una persona che sta vivendo un attimo di amore così forte da dimenticare le abitudini, le convenienze, il suo nome, il suo prestigio, la sua boria.
Su questo amore intenso di Zaccheo ecco allora che cade la parola di amicizia di Gesù: «Oggi vengo a casa tua ». Questa parola di familiarità sorprende Zaccheo e suscita in lui alcune nuove azioni che non sono più di premessa ma di conversione.

L’azione esterna è che Zaccheo accoglie Gesù, pieno di gioia.
L’azione interna è che Zaccheo decide e comunica di voler dare ai poveri la metà di quello che ha e di riparare i torti in misura straordinaria.
La parola di Zaccheo: «Signore, do la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» è la risultanza penitenziale, sociale, civile, comunitaria del cammino di Zaccheo. È il frutto di « penitenza» della sua riconciliazione.

Gioia e proposta della penitenza

Tuttavia ci sono ancora due sottolineature da fare in questo cammino di Zaccheo. Innanzitutto la gioia con cui compie le sue azioni, una gioia che lo rende straordinariamente, quasi, diremmo, sconsideratamente generoso, al di là di ogni calcolo. Gli si potrebbe fare osservare che se dà la metà dei suoi beni ai poveri, l’altra metà non gli basta per restituire il quadruplo! In realtà, Zaccheo ha, per così dire, perso il senso della misura, è stato trasformato dall’amicizia e dalla riconciliazione con Gesù e per questo ciò che gli importa è di lasciar risuonare intorno a sé la gioia con abbondanza, quale segno della sua conversione.
Il primo frutto dell’incontro penitenziale è dunque la gioia, una gioia che deborda, trabocca intorno a noi e che ci fa compiere con facilità azioni anche difficili a cui non ci saremmo mai decisi prima di aver ascoltato la parola di Gesù.
La seconda sottolinea tura del cammino di Zaccheo è che lui stesso propone a Gesù la «penitenza» che vuoi fare e Gesù l’approva. Zaccheo propone ciò che è più adatto per un uomo avido, imbroglione, desideroso di possedere come è lui.
Ha saputo cogliere il proprio punto debole e su questo si rinnova. Per lui il frutto di « penitenza» è la generosità verso i poveri, la prontezza nel riparare i torti che ha arrecato agli altri (non lunghe formule di preghiera, non pellegrinaggi, non gesti esteriori che non toccano). È la sua personale, storica, precisa penitenza.. Gesù l’approva e gli dice: « Oggi la salvezza è entrata in questa casa ».
Invece di chiedere a me stesso, a me sacerdote: « che cosa devo dare come penitenza? », posso chiedere a questa persona, a questa sorella, a questo fratello che è venuto da me: « quale penitenza credi che ti sarebbe utile? quale opera di giustizia, di pietà, di misericordia corrisponde in questo momento al tuo cammino? ».

 

Se io dovessi suggerire al sacerdote confessore una penitenza adatta per me, in questo momento della mia vita, che cosa direi?
Questa è una domanda esigente perché ci impegna ad individuare non solo le nostre mancanze, i peccati ma anche le inclinazioni negative, ad individuare quegli atti e quei gesti che possono colpire alla radice il male che c’è in me. Gesti di penitenza quindi che sono un frutto degno della conversione personale.
Se mi accorgo, ad esempio, che i miei peccati, le mie mancanze derivano dall’egoismo, affiorerà come penitenza adeguata un atto di generosità autentico, che mi costa davvero. Se mi accorgo che alcuni miei peccati derivano da pigrizia, emergerà come penitenza una vittoria sulla mia pigrizia, sulla golosità, sulla curiosità, sulla morbosità, su tutto ciò che rende la mia vita pigra, pesante, neghittosa. Se mi accorgo che le mie mancanze derivano da antipatie; dalla non accettazione . di alcune persone, allora emergerà come penitenza un gesto di attenzione per queste persone, un gesto semplice ma che mi coinvolga davvero.