Stiamo attenti a noi stessi

Stiamo attenti a noi stessi

Nella prima lettura di oggi, Gerusalemme sarà ribattezzata Signore nostra giustizia, cioè il Signore è riuscito a infondere in noi la giustizia.  Ed è una buona notizia che voglio raccontarvi oggi, mentre vediamo nel mondo e nella Chiesa le macerie che si accumulano: davvero manca la giustizia. Il clamore mediatico suscitato dall’ennesimo scandalo Vaticano (uscito fuori esattamente perché il Papa venuto dai confini del mondo vi ha messo mano con dolcezza e fermezza) ci lascia turbati: proprio coloro che dovrebbero brillare come modelli ed esempio, spesso, sono come quei farisei e quegli scribi accusati da Gesù, qualche domenica fa, di divorare le case delle vedove.

Preferisco però, proprio su indicazione di Gesù, guardare, invece, allo splendido gesto della vedova che, in quel contesto di santo marciume, non esce dal tempio sbattendo la porta, ma mette in gioco quello che è, quel poco che ha.

Il Giubileo che sta per iniziare ci sarà utile per riscoprire il vero volto di Dio, lasciandoci alle spalle millenni di cose da cambiare, per tornare all’essenziale, per abbandonare definitivamente un’idea approssimata e demoniaca di Dio per convertirci al vero volto di Dio, quello raccontato da Gesù.

A spanne direi che l’avvento di quest’anno si preannuncia più che interessante!

Ma occorre vigilare, ammonisce Gesù nel Vangelo di oggi, stare attenti.

Lo sguardo si può abbassare, la dignità dello stare in piedi si può infiacchire.

Le dissipazioni, le ubriachezze e gli affanni della vita possono impedirci di vedere, impedirci di vivere. Possono intorbidire la nostra coscienza di cristiani facendoci scivolare nella zona grigia dell’auto-assoluzione, dell’autoreferenzialità per cui anche gli inganni appaiono tollerabili, come sta accadendo nella Curia romana, sempre più simile al decadente codazzo di un principe rinascimentale.

Le dissipazioni: in un mondo in cui siamo costretti alla frenesia, ritrovare un ritmo di interiorità richiede una forza di carattere notevole. Siamo travolto dalle cose da fare, dispersi in mille rivoli che ci dissanguano, i giorni ci scivolano addosso impietosamente…

Le ubriachezze: il nostro mondo ci invita a fare esperienza di tutto, a osare, a sperimentare.

E alla fine ci ritroviamo a pezzi, storditi, delusi.

Abbiamo bisogno di unità, non di frantumazione.

Gli affanni della vita che esistono e non possiamo eliminare ma solo controllare mettendo al centro la ricerca di Dio e del mio vero io. Come quando appendiamo le cose che laviamo al filo per asciugare.

E quel filo cui appendere tutti gli aspetti della nostra vita, dice Gesù, è la preghiera.

Una preghiera densa, intensa, quotidiana, vera, legata alla Parola. Una lettura orante della Parola e della nostra vita che ci permette, alla fine, di gioire.