Canonizzazione dei beati Paolo VI e Oscar Arnulfo Romero

Canonizzazione dei beati Paolo VI e Oscar Arnulfo Romero

Papa Francesco ha convocato per il prossimo 19 maggio in Vaticano un concistoro per decidere la data della canonizzazione dei beati Paolo VI (al secolo Giovanni Battista Montini), e Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso nel 1980 da un cecchino a causa dell’impegno nel denunciare le violenze della dittatura militare del suo Paese.

Paolo VI è il vescovo di Roma che chiude il Concilio e che firma Evangelii nuntiandi, un testo posteriore al Concilio e che diviene il faro per tutta la pastorale della Chiesa come ha affermato più volte Francesco. Anche grazie a Evangelii nuntiandi, e poi a Populorum progressio, la Chiesa ritorna sulla centralità dei poveri, riscopre la necessità di uscire da sé stessa per andare incontro all’uomo in tutte le sue situazioni di vita, gioie e sofferenze.

Romero fa proprio il pensiero del Concilio Vaticano II, le indicazioni e le linee di Paolo VI, si rispecchia nella visione del Papa lombardo. Così descriverà la sua ultima udienza con Montini: “Paolo VI mi ha stretto la mano destra e l’ha trattenuta a lungo fra le sue due mani e pure io ho stretto con le mie due mani la mano del Papa”. Montini comprendeva le difficoltà di Romero, il suo lavoro di denuncia in una terra nella quale anche la Chiesa era a tratti omertosa. Romero subì anche molte calunnie interne che lo fecero molto soffrire. “Vada avanti con coraggio, con pazienza, con forza, con speranza”, gli disse Paolo VI.

Profeti di un futuro non nostro

Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano.

Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.

Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio.
Niente di ciò che noi facciamo è completo.
Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.
Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.
Nessuna preghiera esprime completamente la fede.
Nessun credo porta la perfezione.
Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.
Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.
Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza.
Di questo si tratta: noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.

Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.
Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.
Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.
Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo.
Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.

Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.
Una opportunità perché la grazia di Dio entri e faccia il resto.
Può darsi che mai vedremo il suo compimento, ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri, servitori, non messia.

Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.

Oscar Arnulfo Romero

Per riflettere

Dobbiamo ricordare Gesù Cristo con tutte le forze del nostro spirito. Questo è l’amore che ora gli dobbiamo. Ricorda chi ama. La nostra grande colpa è l’oblio, è la dimenticanza. È la colpa ricorrente nella vicenda biblica: mentre Dio non si dimentica mai di noi . . . . «Potrà mai una donna dimenticarsi del suo bambino, da non sentire più compassione per il figlio delle sue viscere? . . .» (Is. 49, 15), noi ci dimentichiamo così facilmente di Lui. Siamo giunti a tanto, nel nostro tempo, da credere una liberazione lo scordarci di Dio, da volere scordarci di Lui; come fosse liberazione lo scordarci del sole della nostra vita! Noi spingiamo sovente la giusta distinzione dei vari ordini sia del sapere, che dell’azione, la quale non vuole confusione fra il sacro e il profano e rivendica a ciascuno la loro relativa autonomia, fino alla negazione dell’ordine religioso, e alla diffidenza e alla resistenza nei suoi confronti, per l’errata convinzione che nel laicismo radicale sia prestigio umano e vera sapienza. Così la dimenticanza di Cristo si fa abituale anche in una società che tanto da Lui ha ricevuto e tuttora riceve; e si insinua qualche volta anche nella comunità ecclesiale: «Tutti cercano» lamenta l’Apostolo «le cose proprie, non quelle di Gesù Cristo» (Filippesi 2, 21)..

(Paolo VI)