L’umiltà di Gesù

L’umiltà di Gesù

Domenica scorsa abbiamo assaggiato con Pietro il boccone amaro della sofferenza che Gesù annuncia di dover patire.
Oggi  siamo di nuovo invitati, insieme ai discepoli, a confrontarci con un uomo, Gesù, che ci comunica di volersi calare fino in fondo, senza remore, anche nelle profondità più oscure dell’esistenza umana.
Se il primo annuncio della Passione aveva profondamente scosso gli uditori, questo secondo annuncio provoca silenzio e paura di fronte alla presa di coscienza di essere, in qualche modo, chiamati a condividere la sua stessa sorte.

Un Dio che decide di passare per la porta stretta dell’umiliazione e della sofferenza è difficile da comprendere.
Preferiremmo di gran lunga un Dio che decidesse di intervenire nella storia, mondiale e personale, con la manifestazione di tutta la sua onnipotenza. Vorremmo proprio vederlo all’opera mentre estirpa il male e tutta la violenza di cui sentiamo il peso, come un chirurgo asporta un tumore.
Gesù non funziona così. I discepoli stessi ne rimarranno sempre turbati, fino alla fine. Anche in questo caso sono tentati di non capire, di fuggire; provano, infatti, a non approfondire il discorso: «avevano timore di interrogarlo».
Quante volte capita anche a noi di non reggere di fronte al dolore, di alienarci pur di non vederlo, di evitare chi è nella prova per non prendere contatto con questa realtà che ci parla della fragilità della vita, della sua provvisorietà e che ci impone di uscire da noi stessi.
Ed ecco l’altra interessante reazione dei discepoli: «avevano discusso tra loro chi fosse il più grande».

Lo scandalo della mitezza di Dio che si paragona ad un bambino, che non cerca di farsi valere, di imporsi; un Dio che fa di un bambino la misura del suo Regno provoca in loro l’esatto opposto: l’umiltà di Gesù porta alla luce tutta la superbia dei discepoli, come la nostra!
Proprio mentre Gesù sta dicendo loro e dice oggi a noi, che la sua vita è tutta per gli altri, noi, ripiegati su noi stessi, continuiamo nel nostro cuore a domandarci: «Chi sono io? Quanto valgo?».
Un tentativo come un altro di trattenere la vita a tutti i costi, decisi a non volerne mai fare un dono.
Sarebbe bello, invece, lasciare libero Dio di trasformarci in uomini e donne che abbiano il coraggio di domandarsi non tanto: «chi sono io?», ma «per chi sono io?».