Un pastore forte

Un pastore forte

Il pastore del Vangelo di Giovanni è un vero e proprio combattente che difende le pecore dall’assalto dei lupi e dall’ignavia dei mercenari.

Gesù è il misericordioso, il compassionevole, rivela il volto tenerissimo di Dio, certo. Ma è anche determinato, disposto a morire per le proprie pecore, come abbiamo avuto modo di celebrare nei giorni della Pasqua di resurrezione.

La fede è per i forti, non per i deboli. È colma di tenerezza, ma anche di pacifica convinzione e determinazione.

Così si presenta il Signore: come un alleato, l’uomo forte che ci difende dalla disperazione.

E annuncia solennemente come far parte del suo gregge.

Per far parte del suo gregge occorre anzitutto ascoltare la sua voce.

Perché la sua Parola ci permette di leggere la nostra vita e gli eventi anche conflittuali e incomprensibili che stiamo vivendo, la violenza, il dominio del liberismo disumano, l’indifferenza, nella logica di Dio.

Il gregge è composto da uomini e donne che hanno scoperto la propria anima, che la custodiscono, che la coltivano.

In questi termini, Dio solo conosce da chi è composto il gregge.

Anche persone che non sentono di appartenere ad una Chiesa, o che vivono apparentemente lontano da essa, possono coltivare la propria interiorità con passione e verità, e sentire, forte e tenace, la presa del Signore.

Seguire Cristo significa, ad un certo punto, fare esperienza della radicalità espressa dal Maestro, un’affermazione piena di impegno: nessuno ci può rapire dalla sua mano.

 

Non gli altri con i loro giudizi. Non la violenza di tutti i terroristi del mondo. Non la delusione delle nostre vite. Nemmeno i nostri sbagli e i nostri peccati.

L’amore di Dio è più forte di ogni cosa.

Seguiamo Cristo, il pastore autentico, forte, ci fidiamo di Lui, ci facciamo condurre.

Da lui, non da altri. Da lui, non da altro.

Non dai nostri appetiti, non dalle mode, non dalle paure, non dai sensi di colpa, non dalla visione sbagliata di noi stessi, non dai limiti, non dalle ombre.

 

Da lui. E farlo ci conduce alla conoscenza piena di Dio.

Perché solo Cristo conosce Dio in pienezza.

Allora bisogna essere molto molto chiari: l’unico pastore, nella Chiesa, è Cristo.

E tutte le pecore lo seguono, anche coloro che hanno nella Chiesa dei ministeri, cioè un servizio per l’utilità comune.

E al vostro prete non chiedete di essere un super-uomo, un iper-coerente, ma un discepolo, anzitutto. Perché anch’egli possa dire: “Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1Cor 11,1).

 

Paolo Curtaz